Costituzione della Repubblica art. 3 - Legge 20 maggio 1970 n. 300 - Art.15/16. Statuto dei lavoratori - Discriminazioni Dirette/Indirette.

13.09.2014 20:07

Art. 3 Costituzione Italiana ! Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

 

La fonte principale è costituita dalla legge 20 maggio 1970 n. 300, il cosiddetto (Statuto dei lavoratori), il cui titolo II è dedicato alla libertà sindacale, e ha tra gli obiettivi principali quello di tutelare la libertà e la dignità del lavoratore con riferimento a situazioni repressive che possono verificarsi nell' impresa, quali l'uso della polizia privata nelle fabbriche, le perquisizioni personali, l'uso di strumenti per il controllo a distanza dell' attività del lavoratore, l'esercizio del potere disciplinare, assunzione di informazioni sul lavoratore.

L'art 15 dello statuto dei lavoratori, sancisce la nullità di qualsiasi atto o patto diretto a subordinare l'occupazione di un lavoratore alla condizione che aderisca o mendo ad un sindacato, ovvero che cessi di farne parte.
Oltre alla nullita dell' atto, la norma prevedel'applicazione di una sanzione penale.[1] Un'altra tipologia di atti discriminatori è contenuta nel punto b), che sancisce la nullità di qualsiasi patto o atto diretto a licenziare un lavoratore, a discriminarlo nell' assegnazione di qualifiche o mansioni, nei trasferimenti, nei provvedimenti disciplinari, o a recargli altrimenti pregiudizio a causa della sua affiliazione o attività sindacale, ovvero a causa della partecipazione ad uno sciopero.

L' art. 16 invece sancisce il divieto di concedere trattamenti economici di maggiore favore - aventi carattere discriminatorio ai sensi dell' art 15 - ad una pluralità di persone.

Il divieto di discriminazione all’interno dei rapporti di lavoro è ordinato dal D.Lgs. 198/2006 che regola la disciplina normativa antidiscriminatoria già in essere.
Quella di genere, tra uomo e donna, rappresenta una delle forme di discriminazione sul lavoro dominanti. Le accezioni possono, comunque, essere classificate in discriminazioni dirette e indirette.

 

DISCRIMINAZIONI DIRETTE
La discriminazione sul lavoro diretta consiste in disposizioni, criteri, prassi, atti, patti o comportamenti che producano effetti pregiudizievoli, discriminando lavoratrici/lavoratori in ragione del loro sesso; e, comunque, in qualsiasi trattamento sfavorevole rispetto a lavoratrici/lavoratori in situazioni analoghe.

Discriminazione sul posto di lavoro

 

DISCRIMINAZIONI INDIRETTE
La discriminazione sul lavoro indiretta consiste in disposizioni, criteri, prassi, atti, patti o comportamenti apparentemente neutri che mettono (o possono mettere) lavoratori di un determinato sesso in posizioni di sensibile svantaggio rispetto a lavoratori di sesso opposto, salvo che si riferiscano a requisiti essenziali per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché gli obiettivi siano legittimi e i mezzi impiegati appropriati e necessari.
La discriminazione sul lavoro indiretta consiste anche in trattamenti sfavorevoli in ragione di stati di gravidanza, maternità o paternità (anche adottivi), oppure in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti.

Il divieto di discriminazione sul lavoro vale per tutti gli aspetti del rapporto di lavoro e dei relativi rapporti economici.
Il legislatore ha esplicitamente vietato le discriminazioni in merito a diversi aspetti del rapporto di lavoro: accesso al lavoro, attribuzione di mansioni e qualifiche, avanzamento di carriera e retribuzione.

Altre forme di discriminazione sul posto di lavoro sono anche le molestie sessuali e le discriminazioni di reazione.
E sono considerati gravi esempi di discriminazione sul lavoro anche l’atteggiamento discriminatorio nei confronti di lavoratrici/lavoratori a causa delle condizioni di salute o disabilità, delle opinioni politiche, della razza o della religione.